Storia
Nel 1369 Lucca potè riottenere la sua libertà e l'8 aprile di quell'anno, coincidente con la prima domenica dopo Pasqua, fu festeggiato in tutto il territorio della Repubblica come giorno della libertà (18). Anche a Villa Basilica quella giornata veniva festeggiata in forma solenne con una baldoria per la quale la Comunità destinava annualmente dieci fiorini d'oro. La cerimonia della baldoria (che consisteva in una grande catasta di legna alla quale veniva appiccato il fuoco, come si costuma ancora a Guzzano, frazione di Villa Basilica, il 18 marzo di ogni anno alla vigilia di S. Giuseppe), avveniva nella piazza centrale di Villa, alla presenza di tutta la guarnigione
Il Commissario della Vicaria provvedeva personalmente a dar fuoco alla "baldoria" con una torcia bianca, fra il giubilo degli abitanti ed i colpi di archibugio dei soldati.
Poco tempo dopo che Lacca aveva riavuto la sua libertà, temette di perderla a causa di Giovanni degli Obizzi che era stato capitano delle forze lucchesi ed era stato deposto dalla sua carica perche accusato di voler diventare Signore di Lacca. Il Degli Obizzi contava sull'appoggio degli esponenti delle note famiglie Salamoncelli e Trenta, da aggiungere a quello di alcuni militari che a suo tempo erano stati ai suoi ordini.
Dal 1373 al 1389 egli vagò incessantemente ai confini della Repubblica, intessendo una fitta trama di complotti e stabilendo punti di appoggio, per il suo disegno eversivo, specialmente sui confini orientali dello Stato lucchese. Il 18 marzo del 1374, come scrive Sergio Nelli narrando la vicenda del montecarlese Luca di Mazzeo detto Brecchi, un primo complotto venne scoperto e dodici complici furono condannati alla forca. Fra costoro uno era del Compitese, tre erano di Montecarlo, uno di Collodi, due di Villa Basilica (19).
Nel 1382 tutte le fortificazioni di Villa Basilica e quelle di Collodi, Stiappa, Aramo, Medicina, Pontito, San Qairico vennero restaurate dalla Repubblica lucchese e nel 1392 il Giusdicente venne trasferito da Montecarlo a Villa Basilica: essa acquistò pertanto un maggior prestigio politico ed economico.
Quando la Valleriana venne separata dalla Vicaria della VaI di Lima, Villa Basilica diventò sede del Vicario quasi ininterrottamente sino al 1799.
A proposito della residenza del Vicario sono utili due studi di Domenico Corsi (20) il quale ha commentato lo Statuto di Montecarlo del 1388 ed illustrato l'organizzazione territoriale e giuridico-amministrativa della Vicaria della Valleriana e del piviere di Villa Basilica. Nell'introduzione allo Statuto di Montecarlo egli scrive: "Quando, finalmente, avendo l'imperatore Carlo IV, nella notte fra il 5 ed il 6 aprile 1369, dichiarato decaduto ogni potere di Pisa su Lacca, risorgeva il libero Comune, questo, dovendo provvedere anche alla sua organizzazione territoriale, non solo aggiunse Montecarlo alla sua Vicaria di Valleriana, ma decretò (26 maggio 1374) che il Vicario, lasciata Villabasilica, vi facesse residenza, essendo Montecarlo, dopo la perdita della Valdinievole, divenuto un punto strategico della massima importanza.
E' vero che quest'ordine non fu osservato per molto tempo giacche lo stesso Consiglio, nella seduta del 12 novembre 1399, decideva che i Vicari stessero a loro piacimento o in Montecarlo o in Villa Basilica, il che ebbe come conseguenza che questi tornassero all'antica residenza che non fu più mutata salvo, per brevissimo tempo, durante la guerra fiorentina la quale, in virtù del trattato di lega sottoscritto per la seconda volta in Firenze il 27 marzo 1441, sottraeva per sempre Montecarlo, in mano fiorentina fin dal 1437, alla dominazione di Lucca.
Come ricorda Ottavio Banti (21), dopo una premessa di carattere geografico tratta dal Dittamondo di Fazio degli Uberti, in cui l'Italia è raffigurata come una foglia di quercia, nel 1399 il cronista Giovanni Sercambi, nelle celebri "Croniche", illustrò Lucca a somiglianza di una nobile dama che con una mano sostiene lo stendardo del popolo mentre con l' altra riceve dall' autore una pergamena con le "Note di guardia". In esse, dopo aver esortato la sua città ad essere fedele alla Chiesa e al papa e all'imperatore, il cronista elenca, per memoria di Lucca, cioè dei posteri, le castella e "terre" che furono indebitamente tolte a Lucca dai comuni confinanti di Pisa, Pistoia, Firenze ed indica i castelli e le fortezze su cui doveva essere imperniata la difesa del territorio lucchese contro gli attac- chi provenienti dall'esterno per evitare che l'esercito fiorentino penetrasse in quello lucchese, come in passato era accaduto, con danni e distruzioni gravissime. Sul fronte del Valdarno, della Valdinievole, della Valleriana e della VaI di Lima, il Sercambi elencò i seguenti fortilizi lucchesi: "Lo castello di Montecarlo, lo castello di Montechiaro, lo castello di Porcari, lo castello di Sangennaio, lo castello di Collodi, lo castello di Villa Basilica, la fortezza di Pariana, lo castello di Sanquirico in Valdriana, la fortezza di Boveglio, lo castello di Colognora, lo castello di Pontito, lo castello della Stiappa, lo Bactifolle di Castri, lo castello di Fibbialla, lo castello di Medicina, lo castello di Lucchio, la fortezza di Crasciana, lo castello di Vicopancelloro" (22).
Particolare attenzione alla linea fortificata che si affacciava sulla Valdinievole, con l'aggiunta di utili indicazioni cartografiche, è stata dedicata da Alberto Maria Onori in un suo recente studio (23).
In quel tempo, in occasione della lotta civile che vide la repubblica di Lucca divisa fra le fazioni dei Forteguerra e dei Guinigi, Villa Basilica parteggiò per i Forteguerra che rimasero poi soccombenti (24).
Nel 1400 Paolo Guinigi diventò signore assoluto di Lucca e nel 1402 visitò anche Villa Basilica ed il suo territorio.
In precedenza Villa Basilica aveva ritenuto opportuno tutelarsi inviandogli, quali suoi ambasciatori di pace, Nanni Bianchi di Villa Basilica e Piero Gherardini di Aramo.
Una situazione di grave pericolo per il territorio lucchese, al tempo della signoria di Paolo Guinigi, si ebbe quando, nel 1418, il capitano di ventura Braccio da Montone corse, con le sue milizie, la campagna di Lucca, devastandola e facendo prigionieri. In quel periodo anche la Valleriana e la stessa Villa Basilica si trovarono in grave pericolo. Paolo Guinigi, notoriamente alieno dall'uso della forza, si servì della diplomazia e versò per via indiretta allo Stato fiorentino che riteneva l'ispiratore occulto di quell'invasione, 25.000 fiorini d'oro in contanti ed altri diecimila in drappi di seta.
In quell'occasione i sedici Castelli posti alla guardia di Lucca sui versanti della Valdinievole e della Valleriana, vennero rinforzati e ricevettero nuove scorte di viveri, armi e munizioni dalla Magistratura dell' "Officium Conducte".
L' "Officium Conducte" a Lucca, nei secoli XIV e XV, con le disposizioni statutarie emanate nel 1308, nel 1372, nel 1449 e lo studio dei registri dell'"Officio" che aveva il compito di amministrare gli "stipendiari" al servizio della repubblica, è stato commentato e pubblicato da Antonio Romiti (25).
Questo studio è interessante anche perchè in esso sono descritte tutte le armi individuali che, in quel periodo, venivano usate per l'equipaggiamento dei soldati.
Nel 1429, come scrisse il Baldasseroni (26) e con più ampia documentazione il Muratori (27), Villa Basilica venne assalita dai soldati del condottiero Niccolò Fortebraccio, al servizio di Firenze. I difensori di Villa Basilica combatterono in un territorio assai vasto sopra la Rocca, ma subirono la superiorità degli avversari e furono sconfitti. Villa Basilica venne saccheggiata ed i suoi uomini vennero fatti prigionieri. Al saccheggio seguì un incendio, nel quale andarono distrutti gli archivi che custodi- vano le antiche memorie di Villa.
Nel 1432 fu ospite di Lucca l'imperatore Sigismondo, figlio di Carlo IV, il quale, prima di raggiungere Roma, fece togliere ai fiorentini Villa Basilica e Medicina. I fiorentini però ripresero le loro scorrerie nel territorio lucchese e, benche Lucca avesse chiesto l'aiuto del duca di Milano, Villa Basilica cadde nuovamente in mano fiorentina e fu ancora saccheggiata e incendiata.
Il luogo che sovrasta la rocca, dove avvenne il terribile scontro, venne denominato "da Rotta" e quel nome è sopravvissuto: in una selva sopra Capornano, c'è infatti una fontana chiamata ancora la "Polla della Rotta".
Angelo Pellegrini narra anche che in quella zona fu rinvenuto, scolpito in pietra, lo stemma dei Visconti, col biscione e la corona ducale.
E' forse utile ricordare che, come puntualizza Michele Luzzati nella prefazione allo studio del Lucarelli (28), la Repubblica di Lucca, dopo aver recuperato la sua libertà e fino al 1447, si trovò a competere contemporaneamente e fu veramente schiacciata fra le opposte mire delle due maggiori potenze dell'Italia centro-settentrionale di quel tempo, Firenze da un lato e la Milano viscontea dall'altro.
Nella convenzione stipulata il 7 marzo 1441, dopo il decennio di contese succeduto all'arresto di Paolo Guinigi, fra Lucca e Firenze fu prevista un'alleanza della durata di cinquant'anni. In forza dell'articolo nove di quel Trattato, furono restituiti ai lucchesi tutti i castelli ed i paesi fortificati da essi posseduti nel 1428 salvo Montecarlo. Alla Vicaria di Villa Basilica ritornarono pertanto: Villa Basilica, Collodi, Boveglio,
Aramo, Pariana, Fibbialla, Medicina, Pontito, Stiappa, San Quirico, Sora- na, Lignana, Castelvecchio, Veneri, S. Pietro in Campo e Montechiaro. Lo Statuto del 1441, che prevedeva l'elezione dei Capitani e del Priore, nonche quella di un Consiglio retto da un Commissario della Repubblica di Lucca, rimase in alcuni suoi punti importanti quasi identico fino alla fine del secolo XVIII, quando la Repubblica aristocratica di Lucca cadde per l'arrivo dell'armata francese.
Con lo Statuto del 1446, confermato da quello del 1539, la Vicaria di Villa Basilica venne accresciuta con le sezioni di Porcari e di San Martino in Colle; esse vi rimasero sottoposte per lungo tempo insieme al Castello di San Gennaro.
Nel 1502, scrive il Repetti (29), gli uomini del Monte di Pescia guerreg- giarono contro quelli di Medicina, i primi sotto la Repubblica fiorentina, i secondi sotto quella lucchese. A sostegno dei primi si unirono alcune milizie di Uzzano e di Buggiano, in aiuto degli abitanti di Medicina intervennero quelli di Villa Basilica, di A,.amo e di Fibbialla. Lo scontro avvenne proprio nel territorio di Medicina e sul terreno restarono molti feriti di ambo le parti. La notte del 30 agosto 1502, soldati di Villa Basilica e soldati di Pisa, ancora per poco libera dal dominio fiorentino e in guerra acerrima con Firenze, occuparono Monte di Pescia. I Pesciatini, però, corsi alle armi, reagirono con impeto e riuscirono a liberare il loro territorio, a respingere gli attaccanti dal territorio della Repubblica fiorentina e si inoltrarono fino al castello di Collodi, che venne saccheggiato. Per gli abitanti di Villa Basilica si creò quindi una situazione difficile, special- mente quando volevano recarsi nel territorio della Valdinievole. Per ovvia- re a queste difficoltà, l'11 ottobre del 1502 il Vicario della Valdinievole e della Valleriana fiorentina concesse loro un salvacondotto.
Anche gli stessi confini tra Lucca e Firenze, che erano stati definiti con la pace del 1441 , tornarono in discussione e nuovi accordi e sentenze furono sanciti nella seconda metà del secolo XVI, cominciando da Cutigliano e continuando per tutta la Vicaria della Valleriana. Infatti Firenze, per alcune ostilità avvenute tra la Repubblica di Lucca ed il territorio di Barga dipendente dai fiorentini, ordinò al podestà di Pistoia di effettuare un' azione offensiva contro il confine lucchese. L'azione imprevista ebbe il suo effetto e l'esercito fiorentino occupò Villa Basilica, Collodi ed altri castelli viciniori. Villa Basilica venne presidiata da una compagnia di pesciatini. Quell'occupazione però fu di breve durata, perche lo scopo dei fiorentini non era tanto quello di mantenere il possesso del territorio di Villa Basilica, quanto piuttosto quello di ottenere Pietrasanta e Motrone in Versilia. Questo intento lo raggiunsero il 29 settembre 1513 col lodo di papa Leone X, fiorentino e della famiglia dei Medici.
Eugenio Lazzareschi, nel 1940 e nel 1941 pubblicò due studi nei quali esaminò le relazioni di Cosimo il vecchio e di Lorenzo il Magnifico con la Repubblica di Lucca (30). Come giustamente osservò l'autore, in contrasto con l'apparente cortesia, ,saggezza ed equilibrio con i quali le relazioni epistolari venivano condotte dai Medici che erano a conoscenza dei buoni rapporti che Lucca intratteneva con le varie Repubbliche italiane e con lo stesso Pontefice, ad un certo momento tali rapporti subirono una certa interruzione che aveva le sue precise cause. Nel 1484-1485 i Fiorentini dimostrarono infatti palesemente di venir meno ai patti conclusi con i Lucchesi e col citato Lodo di Leone X mutilarono la Repubblica lucchese di una parte del suo territorio. Un'ulteriore prova della rivalità che la corrispondenza diplomatica riusciva solo in parte a dissimulare, si manifestò nel 1490 in occasione di una congiura in occasione della quale quattro imputati, accusati di intelligenza con lo Stato fiorentino, espiarono con la condanna a morte il piano di aprire le porte di Lucca ad armati fiorentini che avrebbero poi facilitato l'ingresso a più numerose soldatesche.
Per la Vicaria di Villa Basilica, che aveva giurisdizione su tutta la Valleriana, il Cinquecento rappresenta un secolo assai impegnato a causa della politica perseguita dai Medici. Il periodo in cui, durante le guerre d'Italia, le truppe imperiali e quelle francesi, nei loro spostamenti continui, si stanziavano nelle campagne compiendo sovente dei veri e propri massacri contro quei contadini che osavano difendersi dalle ruberie. Cosimo ebbe una naturale capacità nell'incanalare verso Lucca, Siena e in altri territori non fiorentini, quelle milizie alle quali gli Stati toscani erano continuamente costretti ad allestire gli accampamenti ed a procurare i vIverI.
Una vicenda, che toccò solo marginalmente Villa Basilica e il suo territorio, ebbe il suo svolgimento nel 1530, dallo storico pesciatino Carlo Magnani definito "Anno tribulationum" (31) . Il 1° agosto di quell'anno, infatti, Francesco Ferrucci ed il suo esercito, costituito da tremila fanti e da quattrocento cavalieri, proveniente da Volterra e diretto a Firenze , entrò nella valle della Pescia di Collodi, transitò da Botticino e si diresse a Medicina. Di lì raggiunse Calamecca, S. Marcello e, infine, Gavinana; ivii paladino della libertà fiorentina trovò morte gloriosa.
Nel 1928, Michele Rosi eseguì una ricerca storica intitolata "Cenni sulla politica lucchese durante l'assedio di Firenze"(32). Questo studio storico-archivistico, basato sulla copiosa documentazione originale conservata nel Fondo: Anziani al tempo della Libertà dell' Archivio di Stato di Lucca, colmò una notevole lacuna sulla conoscenza della politica seguita dallo Stato lucchese in quel particolare periodo. Questa pubblicazione, infatti, preceduta da un'ampia premessa storica che evidenzia le aspirazioni delle potenze interessate e le necessitò degli eserciti contrapposti, offre allo studioso la possibilità di conoscere le relazioni epistolari che gli Anziani della Repubblica di Lucca intrattennero nel 1529-30 con Francesco Ferrucci, con Filiberto d'Orange e con Fabrizio Maramaldo.
Al continuo stato d'allarme in questa zona di confine, si aggiunsero numerosi fatti d'arme che non avevano un rilievo politico ma coinvolgevano gli abitanti dei paesi dei due Stati. Certe volte il motivo era un semplice sconfinamento di animali da pascolo, ma la requisizione di essi dava luogo a vere e proprie azioni condotte in armi da gruppi di paesani che ingaggiavano piccole battaglie con incendi e distruzioni di case.
Marino Berengo, citando il Dorini (33) a proposito dei rapporti fra Lucca e Firenze, mette in evidenza che "ciò che Cosimo non si astenne mai dal fare, quasi giorno per giorno, sia nell'occasionale rapporto tra governo e governo, sia sul piano della politica europea, fu il predisporre quegli elementi di fatto e l'instaurare quelle consuetudini che, in un prossimo o remoto futuro, avrebbero potuto giustificare "l'impresa di Lucca". ...Per questo ogni conflitto di confine serviva a mortificare con le ritorsioni armate l'autonomia della repubblica e a scalzarne l'autorità alla corte imperiale col lamento sulla "natura litigiosa di quei signori". Per questo la congiura di Francesco Burlamacchi e poi lo zelo dei suoi concittadini per salvarlo, erano stati prospettati come indizi d'una intesa con gli Strozzi; per questo ancora gli agenti fiorentini in tutte le corti d'Europa, non si stancavano mai di accusare Lucca di favorir Siena e la Francia. Berengo tiene a mettere in evidenza che, a differenza della Repubblica di Siena, dove la lotta fra patrizi e plebei non venne meno neppure durante gli ultimi giorni dell'assedio fiorentino, la sopravvivenza della Repubblica di Lucca "fu effetto così della generale situazione europea che non lo consentì, come della concordia che i cittadini lucchesi si erano duramente imposta e dell'appassionato zelo da essi speso a tutela della loro gracile libertà (34).
Come scrive il Tommasi a pg. 464 del suo Sommario della Storia di Lucca, Lamberto Lamberti ne11579, mentre era commissario a Pontito, tentò d'impadronirsi di quella rocca per consegnarla ai nemici della Repubblica Lucchese. Il Lamberti fu condannato e quattro individui che erano consapevoli del suo disegno e non l'avevano rivelato, furono sottoposti al bando temporaneo ed alla privazione perpetua di ogni pubblico ufficio.
Un momento di grave pericolo per la repubblica di Lucca si verificò nel 1593, allorche si scoprì che Bernardino Antelminelli, con la complicità dei figli e di alcuni lucchesi che per diversi motivi si trovavano in contrasto col governo, aveva stabilito un rapporto segreto con Ferdinando granduca di Toscana. Bernardino Antelminelli, il quale aveva commesso ad Aldo Manuzio la pubblicazione della vita di Castruccio di cui, senza reale fondamento, si dichiarava discendente ed erede, in occasione del processo ammise che il Granduca Ferdinando gli aveva promesso una buonissima ricompensa e, fra le altre, le entrate dell' Altopascio, notoriamente elevate per i beni accumulati dal suo Ordine ospitaliero.
Come scrive Elio Bertini, autore del volume "Le grandi famiglie dei mercanti lucchesi" (35), si scoprì inoltre che egli aveva mandato a Firenze una relazione dei viveri che si trovavano nella città ed altre informazioni sulle fortificazioni della Repubblica. Il governo lucchese, estremamente geloso della libertà dello Stato, non ebbe mano lieve contro i cospiratori e condannò a morte Bernardino Antelminelli, suo figlio Arrigo e, successivamente altri due figli, Scipione e Lelio. Infine perseguì anche il figlio Alessandro rifugiatosi in Inghilterra, perche anch' egli pagasse con la vita il grave tradimento. In contrapposizione allo storico Galluzzi (36), che aveva attribuito ai lucchesi l'orditura di una congiura immaginaria per mettere in cattiva luce il Granduca Ferdinando de' Medici, il Bongi che nella storia di Lucrezia Buonvisi, si era basato sui verbali del processo a Bernardino Antelminelli, scrisse; "forse mai in quel secolo e, direi, in tutto il corso della sua storia, la città di Lucca è stata così vicina a diventare soggetta quanto lo fu allora" (37).