Il 19 giugno 1847 uscì a Pisa il giornale "L 'Italia", che, come spiega molto chiaramente il suo nome, perseguiva il fine dell'unità nazionale. Nel suo primo numero, "L'Italia dedicò un ampio articolo alla Convenzione doganale Toscano-Lucchese, auspicando che l'esempio dato dai due Stati fosse seguito sollecitamente anche dai Governi di Modena e Parma, nonche dallo Stato Pontificio. L' articolo concludeva: "che il principio della libertà dei cambi, dalle teorie degli Scrittori, passi finalmente nelle pratiche dei Governi; che l'Italia nostra non sia tra le nazioni l'ultima a giovarsene; che la Convenzione doganale Toscano-Lucchese possa essere l' Alba del giorno fortunato in cui, per mutui accordi, cadranno le barriere doganali, che ora tra loro separano gli Stati della Penisola"
Era il periodo degli entusiasmi risorgimentali, dei quali un'eco interessante si ebbe anche a Villa Basilica, dove il Pievano contribì in favore della Guardia Civica Lucchese con un'oblazione di lire 22.10, ed a Boveglio dove il parroco fece un'offerta di lire 15.
Dal giornale "La Riforma", che si fece eco degli eventi di quel periodo, è possibile apprendere che il 22 novembre 1847 i Boveglini arruolati nella Guardia Civica si recarono al capoluogo di Villa Basilica per eleggere i seguenti loro ufficiali: capitano Massimiliano Ambrogi, tenente Antonio Pacini, sotto tenente Marco Rossi, sergente maggiore Iacop' Antonio Ferrari, sergenti Gesualdo Giuliani, Luigi Giancoli, Francesco Lazzari, Gasparo Lucchesi. Il paese di Boveglio partecipò alla questua in favore dell'esercito con 18 lenzuola, 10 camicie, 10 salvietti, 19 canovacci e tovaglioli, 1 fascia grande, 2 sacca con libbre 60 di tele, pezze e cenci. Il 3 gennaio 1848, in un articolo informato di amor patrio, il capitano Massimiliano Ambrogi chiese che la Guardia Civica di Boveglio venisse dotata di fucili veri.
Una prospettiva unitaria nazionale aveva trovato consensi, nel Ducato di Lucca, specialmente fra gli intellettuali e fra i giovani. Però, la notizia della reversione del Ducato di Lucca al Granducato di Toscana, stipulata segretamente a Modena il 5 ottobre 1847 dal Duca Carlo Lodovico di Borbone, giunse a Lucca come una doccia fredda e venne appresa con sdegno e grande sconforto da tutta la cittadinanza. A distanza di anni era così diffuso questo stato d'animo che, come scrive Pier Giorgio Camaiani, il Prefetto Moscheni, in un rapporto informativo del 1859, temeva manifestazioni ostili verso i funzionari della burocrazia toscana impianta- ta a Lucca, nel caso che fosse venuto meno l'ordine pubblico. Con quell'at- to, infatti, l'autonomia lucchese che, attraverso vicende talvolta turbinose, era riuscita a sopravvivere per una lunga serie di secoli, aveva cessato di esistere. Quella che era una città-stato e che, scrive Maria Luisa Trebiliani (47), aveva imparato a conoscere anche il fasto di una Corte, diventò improvvisamente una provincia periferica. Non si volle usare neppure il "garbo" di attribuire al nuovo regnante insieme al titolo di Granduca di Toscana anche quello di Duca di Lucca (48).
Un'eco dolorosa di questo malessere si manifestò in tutti i centri dell'antico Stato lucchese ed in misura maggiore nel territorio della pluri- secolare Vicaria di Villa Basilica, i cui abitanti avevano servito lealmente lo Stato lucchese sulla scomoda linea di frontiera col Granducato di Toscana, anche battendosi in armi ed offrendo il proprio sangue per la difesa della patria. Interprete di questo stato d'animo si rivelò anche Giovanni Sforza in uno studio da lui pubblicato su "La Nuova Antologia"
(49). Con la legge del 9 marzo 1848, Villa Basilica rimase capoluogo di comune, perdette le precedenti prerogative e ricevette in compenso l'istitu- zione di una modesta Pretura di quinta classe che però venne soppressa nel 1865.
Col Plebiscito del 15 marzo 1860 il Granducato di Toscana entrò a far parte del Regno d'Italia ed il comune di Villa Basilica, nel giro di pochi decenni, subì gravi mutilazioni che gli lasciarono il capoluogo ed il territo- rio delle parrocchie di Boveglio, Colognora e Pariana.
Infatti il 15 Luglio del 1883 furono trasferiti al comune di Vellano (oggi Pescia), i paesi di Stiappa e Pontito; il 15 maggio 1884 furono cedute al comune di Pescia le frazioni di Veneri e di Collodi; il 17 novembre del 1890 passarono, ugualmente a Pescia, i paesi di Medicina, Fibbialla, Aramo, S. Quirico.
Delle numerose variazioni territoriali alle quali sono stati sottoposti i comuni della Valdinievole tra la fine del sec. XIX ed i primi decenni del XX, si è occupato Alfredo Michelotti (50)
Nel 1863 il marchese Giuseppe Garzoni, che diventò poi Senatore del Regno e Sindaco di Firenze, inaugurò la strada fra Botticino e Villa Basilica. Nel 1872, Urbano Bini, Sindaco di Villa Basilica e poi Deputato al Parlamento italiano, inaugurò l'Ufficio Postale e Telegrafico di Villa Basilica.
Nel 1875, a conclusione della piccola pubblicazione composta dal pievano Angelo Pellegrini su Villa Basilica, il Sindaco Urbano Bini aggiunse alcune considerazioni relative al disinteresse che l'autorità centrale manifestava per i comuni della montagna. Egli si riferì in particolare a quanto si era verificato nel 1830 e nel 184 7, quando erano stati l'impiccio - liti e smembrati i comuni alpini e non sapeva ancora, dopo quella del 1865, quali gravi mutilazioni amministrative e territoriali avrebbe dovuto subire ancora, di là a poco, la comunità da lui tanto amata, prima della sua morte che avvenne nel 1892.
Riferendosi all'abolizione delle Preture civili e criminali disposte per numerosi centri lontani dalla città, egli mise in evidenza le difficoltà, i sacrifici e le privazioni che già dovevano quotidianamente sopportare gli abitanti della montagna. Se poi -egli aggiunse -ai disagi gravissimi cagionati dalla natura si sommano anche quelli prodotti dall'insipienza di taluni abitanti e certi galantuomini si trovano lesi nei beni o nella persona, per cercare un magistrato che li tuteli, si trovano obbligati a percorrere a piedi, fra nevi e dirupi, giorni e notti di strada per raggiungere città o borghi lontani. Allora lo sgomento li assale, perdono l'amore per il luogo natio, lo abbandonano e si stabiliscono là dove la vita è meno dura e più confortevole. Il Bini, mettendo in evidenza il fa tto che la soppressione delle magistrature locali abbia fomentato l'ignoranza e incoraggiato l'emigrazione dei pastori e dei boscaioli dalla montagna, conclude amareggiato rimpiangendo il tempo il cui Villa Basilica poteva annoverare una schiera di ingegni sublimi nelle scienze, nelle lettere e nelle arti.
Nel giugno del 1870, un tentativo repubblicano di impadronirsi di Roma pontificia prima che i Bersaglieri dell'esercito regio vi penetrassero attraverso la famosa breccia di Porta Pia, interessò marginalmente il territorio del comune di Villa Basilica. Un gruppo di settanta giovani lucchesi, comandati da Tito Strocchi, che Augusto Mancini ha definito "soldato garibaldino e anima mazziniana", nella notte fra il4 e ilS giugno, si dette convegno nei pressi di Monte San Quirico. Distribuite le armi e le munizioni, fu costituita una colonna che si diresse a Ponte a Moriano. Giunta nelle vicinanze del Convento dell' Angelo, la colonna si approssimò all'abitato di Boveglio, fece acquistare in paese pane, formaggio e vino, e fece sosta presso il Marginone sull'altopiano delle Pizzorne.
Nonostante il tempo avverso la colonna riprese la sua marcia e l'indomani raggiunse Pontito e riposò nei suoi pressi. Il giorno successivo, era il 7 Giugno, fu raggiunta Prunetta dove la pioggia insistente costrinse i giovani a ripararsi in alcune capanne. Avvistati alcuni militari, i giovani repubblicani si riunirono sopra un colle ma, ben presto, si accorsero di essere circondati da reparti di Fanteria e di Cavalleria. Furono sparati numerosi colpi di fucile ma i volontari non risposero al fuoco e furono tutti arrestati senza aver opposto resistenza (51)
Dopo l'unità d'Italia, quegli abitanti del comune di Villa Basilica che, erano in possesso dei requisiti richiesti dalle leggi del tempo, poterono
partecipare alle elezioni amministrative e politiche. Però, in base ai sistemi elettorali allora vigenti, soltanto una minoranza di cittadini ebbe il privilegio di usare di questo diritto: infatti si votava soltanto in base al censo. Nel 1913 questo diritto fu ampliato, ma, con l'avvento della dittatu- ra fascista, venne eliminato completamente e gli amministratori pubblici vennero nominati d'autorità dal partito unico. Soltanto dopo la Liberazio- ne e con la Costituzione Repubblicana, tutti i cittadini acquistarono il diritto di eleggere e di essere eletti. Il numero degli elettori diventò veramente imponente, perche il diritto di voto venne riconosciuto anche alle donne (52).